La Storia di Anna Frank
Lia Levi; illustrazioni di Barbara Vagnozzi
#Gallucci, 2022, 66 p., ill.
€ 6,90 ; Età: da 7 anni
Recensione di Paola Benadusi Marzocca
Raccontare la storia, ciò che realmente accadde negli aspetti più crudeli e mostruosi è estremamente difficile tanto più se ci si rivolge ai bambini. Ma è importante farlo ovunque, trasmettere la memoria di ciò che è avvenuto sia in famiglia che nelle scuole. Tutti devono sapere che intere famiglie furono deportate nei campi di concentramento; uomini, donne, bambini, anziani, giovani e pochissimi di loro fecero ritorno.
La Storia di Anna Frank raccontata da Lia Levi con le deliziose illustrazioni di Barbara Vagnozzi, che riflettono immagini della vita quotidiana e fissano con nitidi disegni dai mille colori espressioni e sentimenti nei volti dei vari personaggi, parla di tutto questo con un linguaggio limpido e avvincente che aiuta a comprendere la tragedia quel periodo storico. La testimonianza più conosciuta e drammatica perché non ha avuto un lieto fine come altre vicende e avventurose odissee resta quella di Anna Frank. Rileggere il suo diario che scrisse a tredici anni quando entrò nell’angusto appartamento dove non ci si poteva muovere durante il giorno se non in punta di piedi, l’alloggio segreto divenuto famoso nel mondo e mèta continua di visitatori in una delle vie più suggestive di Amsterdam è certamente un arricchimento e un pensiero alla sua memoria.
“Cara Kitty”, così Anna chiamava il suo diario segreto dalla copertina a quadretti rossi che le era stato regalato poco tempo prima per il suo compleanno. In quel giorno felice trascorso con i suoi familiari e parenti non avrebbe mai immaginato che proprio quel diario sarebbe divenuto il suo compagno inseparabile di sogni e speranze, aiuto indispensabile per superare solitudine e paura. “Il sole splende, il cielo è di un blu intenso, soffia un vento magnifico e io ho voglia, così tanta voglia di tutto…”.
Anna mentre scriveva non immaginava che il diario sarebbe stato pubblicato. Lei scriveva per trovare sfogo alla sua rabbia e al senso di ingiustizia che avvertiva nel comportamento e nell’ipocrisia degli adulti, che erano poi i suoi genitori e gli amici che stavano fianco a fianco con loro. Non immaginava che sarebbe stato letto in tutto il mondo, che sarebbero state vendute milioni di copie, che avrebbe ispirato spettacoli teatrali e film.
“Con la scrittura mi isolo da tutto, la mia tristezza scompare, il mio coraggio rinasce! Ma è questa la vera domanda, sarò mai capace di scrivere qualcosa di grande, diventerò mai giornalista e scrittrice?” Si intravedeva già nella sorridente ragazzina dai begli occhi pensosi che nascondevano un filo di malinconia, talento, genialità, profondità di pensiero e tante altre cose. Lo stupore consapevole dinanzi all’incomprensibile e ottusa violenza che si manifestava al grido: “A morte, a morte gli ebrei”. Un’oscena persecuzione a danno di cittadini innocenti, la maggior parte dei quali non si identificava né con gli ebrei come popolo, né con l’ebraismo come religione, assimilati tra l’altro da secoli nei Paesi occupati dalla Germania.
Per un bambino, proprio partendo dalla terribile storia di Anna Frank, imparare a orientarsi nella ricerca delle parole e dei significati non è facile, tanto meno comprendere i comportamenti e le azioni degli adulti. Shoah, uragano devastante, significò durante la Seconda guerra mondiale lo sterminio degli ebrei e il 27 gennaio di ogni anno è stato dichiarato dalle Nazioni Unite “Il giorno della memoria”, per non dimenticare la più terribile tragedia del secolo scorso, il giorno che coincise con l’entrata delle truppe dell’Armata Rossa nel campo di concentramento di Auschwitz in Polonia.

Lia Levi
Nasce a Pisa da una famiglia piemontese di religione ebraica, ma cresce in Piemonte, prima ad Alessandria e poi a Torino. Al principio degli anni '40 la famiglia si stabilisce a Roma, dove la scrittrice vive ancora oggi. Da bambina dovette affrontare i problemi della guerra e della persecuzione razziale. Dopo l'8 settembre 1943 riuscì a salvarsi dalle deportazioni nascondendosi per dieci mesi con le sorelle Gabriella e Vera, e la madre Leontina nel collegio romano delle Suore di San Giuseppe di Chambéry. Pertanto concordarono di dichiararsi cattoliche, recitare le preghiere e cambiare nome. Lia Levi divenne Lia Lenti e poi Maria Cristina Cataldi con i documenti di una bambina del Sud Italia, in quei periodo già liberato dagli Alleati. Sceneggiatrice e giornalista, è autrice sia di romanzi per adulti che per ragazzi. Nel 1967 ha fondato e diretto il mensile di cultura ed informazione ebraica, Shalom. Nel 1994 pubblica il libro Una bambina e basta (premio Elsa Morante opera prima), senza volersi indirizzare a un pubblico di ragazzi, ma poi diventato un classico nelle scuole. Ha solo voglia di raccontare la sua storia, quella di una bambina ebrea che durante le persecuzioni razziali si trova improvvisamente ad affrontare problemi più grandi di lei, molto spesso ingigantiti e resi ancora più difficili dagli adulti. Non a caso nella prefazione del libro recita: «Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza… ora saprai tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una merendina». È uno dei primissimi racconti autobiografici ad affrontare il problema dell'impatto traumatico che le persecuzioni ebbero sui bambini ebrei in Italia, anche tra coloro che non furono deportati nei campi di sterminio, costretti a lasciare le loro case e a vivere nascosti nella paura, spesso separati dai propri genitori.
(Fonte Wikipedia)