La mia vita imprevista
Giuliana Facchini, Camelozampa, 2024
224 p., ill. (I Peli di gatto)
€ 16,90 ; Età: da 10 anni
Recensione di Barbara Confortini
È davvero “imprevisto” imbattersi in una così gran bella storia di affido familiare. Una storia senza paternalismi né tristezza. La mia vita imprevista, di Giuliana Facchini, è un romanzo che mette in luce le potenzialità dell’affido e che offre un bel respiro di speranza. Efficace, autentico, capace di raccontare con semplicità quello che vivono le famiglie affidatarie. Parla di amore, accoglienza e diversità. Colpisce la grande attenzione a una tematica sociale così importante, con un approccio delicato, ma capace di raccontare i graffi e le cicatrici, gli sguardi e i silenzi. Esce dai canoni consolidati, rifugge toni consolatori o entusiastici.
Il ritmo narrativo è segnato dalle illustrazioni di Daniela Demurtas (in bianco, nero e grigio) che rendono la molteplicità e sincronicità dei fatti che avvengono: piccoli quadri che esemplificano la varietà delle emozioni.
Non è facile affrontare e raccontare questo tema, ma questo libro, con il suo testo emozionante, rappresenta uno strumento davvero molto utile. Il testo colpisce per l’essenzialità e per il suo essere talmente realistico da ritrovare frasi sentite, opinioni condivise, stereotipi sedimentati e i pregiudizi che ci circondano. Siamo di fronte a un romanzo per adolescenti, ma che gli adulti dovrebbero leggere, per recuperare la capacità di riflettere e la volontà di donarsi.
È una storia che coinvolge il lettore perché parla il linguaggio della quotidianità. Racconta una delle esperienze forse più difficili che possono capitare nella vita di una bambina e ci accompagna verso l’accoglienza, ci racconta la cura e l’amore e quanto anche un piccolo gesto può diventare importante.
“Mi chiamo Frances, sono seduta sul sedile posteriore dell’auto del Signor Giordano e accanto a me c’è Ciccio, il mio amico del cuore. … non è un bambolotto ma non è neanche un bambino vero e solo io sono capace di stargli vicino, di aiutarlo. Io non ho una famiglia e neanche lui. Di mio padre non mi ricordo e sono quattro anni che non vedo mia madre: la disegno spesso per non dimenticarla. A volte penso di essere arrabbiata con lei, ma cerco di non pensarci. La macchina del signor Giordano è spaziosa ... stiamo andando dalla famiglia Borisnietzov che ci ospiterà; niente più istituto con gli altri ragazzini, ma una casa e una stanza tutta per Ciccio e me. Forse. Non ho capito bene. Mi hanno spiegato che questa famiglia mi accoglierà come fossi una di loro e ho voluto Ciccio con me. Lui da solo non se la cava. Tra poco avremo una mamma e un papà, dei fratelli e forse un cane e un gatto, chissà.
‘Un’opportunità fantastica, per te, poter avere due mamme e due papà non sei contenta?’ - Ha detto il signor Giordano. Cosa dovevo rispondere? Ho annuito”.
Ci trasmette tutta l’ansia, i timori, la preoccupazione di Frances, sola con i suoi pensieri di fronte ad un evento importante. Nel linguaggio cauto e misurato si avverte sia il rispetto che la conoscenza dell’autrice di ciò che racconta. Parole e gesti raccontano i dubbi e le incertezze che i cambiamenti comportano. Sono pagine delicate che raccontano l’affido dal punto di vista dei bambini, dando voce ai loro pensieri, ai sentimenti di paura, tristezza, separazione ma anche di gioia, tenerezza e speranza che accompagnano questa esperienza.
“La casa davanti alla quale rimango impalata … è enorme, gialla. Mamma per sempre 2 spalanca la porta e sorride. È bella come la casa”.
Durante tutto il periodo che Frances Boschi ―Fran, perché tutti nella nuova famiglia hanno un soprannome ― trascorre nella nuova famiglia accadono tante cose e lei e i suoi fratelli, saranno coinvolti in un’avventura piena di mistero, tra momenti di paura e di allegria. E quando tutto sembra iniziare a filare liscio ecco che, come una meteora, piomba in quella casa la madre di Fran: venticinque anni, senza soldi, senza lavoro e senza prospettive di vita. Questo arrivo improvviso imbarazza e disorienta Fran. È come stordita, non sa come comportarsi, ha paura da una parte di far torto alla nuova famiglia, di cui avverte tutto l’affetto e la sicurezza, e dall’altra teme di ferire la mamma biologica.
“Maps2 ha preparato la cioccolata, la stiamo mescolando e sorseggiando. … suona il campanello. ‘Andate ad aprire !’ - dice Maps2 … Mi alzo, mi incammino spedita fino alla porta, abbasso la maniglia, apro e quasi ci resto secca. Sto ferma, non mi muovo, non fiato. ‘Chi è?’ chiede Maps2 … ma io non riesco a rispondere ... e Maps 2 esclama un Oh! mezzo soffocato. Lei ci è arrivata per deduzione, io perché ho buona memoria. …’Sei contenta di vedermi?’ - Maps1 mi guarda dritta negli occhi, è una strana sensazione. Sembra che io mi stia fissando da sola. Sorride, ma sembra intimidita. ‘Si. Ti voglio bene. Come sapevi dov’ero?’ Vorrei lanciarmi ad abbracciare e stringere forte Maps1 ma qualcosa mi trattiene. Mi sento in imbarazzo perché c’è Maps2. Lei è stata gentile con me. Sa che non mi piace essere sbaciucchiata … una settimana fa le ho dato un bacio quando sono uscita per andare a scuola, non sono riuscita a fare di meglio. Lei in questo mese per me ha fatto molto … non voglio che pensi che non sono felice di vederla che ormai ho una Maps2 migliore di lei ma non voglio neppure che Maps2 pensi che lei non conti nulla: mi sa che è stata più lei insieme a me in un mese di quanto lo sia stata Maps1 in tanti anni”.
Lo avvertiamo proprio tutto il disagio di Fran, tutte le sue paure e il timore di perdere tutto ciò che ha iniziato ad assaporare. Ma l’amore, la capacità di accogliere, la capacità di essere comprensivi rendono migliori e possono sconfiggere qualsiasi difficoltà.
È un libro che insegna a sospendere il giudizio, che parla con discrezione e delicatezza: fare del bene è un dono innanzitutto per sé stessi. La storia di una bambina con una madre fragile incapace di prendersi cura di lei, ma ancora meno di sé stessa, e una famiglia accogliente che sceglie di prendersi cura di Fran, ma non solo. Il romanzo parla anche di genitorialità, di questioni sociali e di accoglienza per rifugiati: incapperanno in storie di bambini che cercano un futuro migliore, si capirà che i confini non sono muri invalicabili e che l’accoglienza fa vivere meglio perché il mondo è di tutti. Questa storia porterà ciascuno di noi a scoprire che la diversità e la multiculturalità sono possibilità di crescita, sono una risorsa che rende più ricca la vita! Il libro potrebbe diventare uno strumento per promuovere e diffondere queste tematiche con persone di tutte le età, per preparare i minori che devono affrontare l'esperienza dell'affido, per raccontare la storia di tanti bambini e bambine in affido ai loro coetanei in modo semplice, naturale e concreto.

Giuliana Facchini
Nata a Roma, ha studiato Lettere e seguito corsi di recitazione e cinematografia, è stata interprete di teatro amatoriale e semiprofessionale e si è occupata di teatro per ragazzi. Ha vissuto a Roma e a Lussemburgo e abita in un paese tra Verona e il Lago di Garda. Da anni scrive libri per ragazzi. Ha cominciato inventando storie avventurose per i suoi figli che poi sono diventate romanzi. Alla scrittura è arrivata dopo la narrazione orale delle storie, la lettura ad alta voce e un periodo formativo denso di festival, eventi e seminari legati ai libri e alla narrazione. Con Invisibile (2012) si è aggiudicata il premio Arpino Sezione inediti, con Il segreto del manoscritto (2016) il premio Giovanna Righini Ricci, con Perduti fra le montagne (2008) il premio letterario Montessori, con il romanzo Borders (2022) il Premio Rodari. Ha pubblicato per Loescher, Edizioni EL, Edizioni San Paolo, Edizioni Paoline, Edizioni Notes, Feltrinelli e altre case editrici per ragazzi. Si occupa anche di promozione alla lettura tra ragazzi e adolescenti, nelle scuole, nelle biblioteche e nelle librerie. Coordina un movimento di lettori dai 13 ai 17 anni (Leggere ribelle) e cura progetti di lettura contemporanea e di ricerca creativa nelle storie. È il suo cane a scrivere di lei nel blog Ilgiovanebrik