Le cose? Il catalogo è questo! - di Riccardo Pontegobbi
“Gli sarebbe piaciuto scrivere un’enciclopedia su tutto, in cui non mancasse nessun oggetto, nessuna persona al mondo … Ma le enciclopedie universali erano al di là delle sue possibilità; doveva trovare un argomento che gli fosse così familiare e vicino da poterlo affrontare fino a esaurirlo … E l’unica cosa che conosceva bene, finì per ammettere, era ciò che lo circondava. Al centro del cerchio c’era lui. E così, in uno degli ultimi giorni d’autunno, chiuso nella sua stanza dalle pareti celesti, Gabriel cominciò a scrivere l’enciclopedia di se stesso” (De Santis. Il ragazzo che scrisse l’enciclopedia di se stesso, Salani, 2010)
Lo sforzo operato dalla letteratura per mettere ordine nella realtà, attingendo alle sofisticate risorse della descrizione, non è stato meno intenso di quello che la filosofia e le scienze esatte hanno esercitato per secoli sul conoscibile, un impegno classificatorio documentato dal considerevole numero di sistemi , ontologie e tassonomie che ancora oggi ingombrano gli armadi di queste discipline. Adesso, neuroscienze e dintorni ci confermano nella convinzione che gli esseri umani sono compulsivi agenti classificatori, in azione fin dalla più tenera età, felici di affidare buona parte dei risultati di quest’operazione cognitiva alle produzioni finzionali. Infatti, liste, inventari, cataloghi, repertori, allacciati come perle di una straordinaria collana alla storia della letteratura, ci mostrano la lunga teoria dei tentativi, ovviamente falliti, di esaurire attraverso una variegata arte del rappresentare l’elenco delle cose del mondo. In un insuperato saggio-catalogo di qualche anno fa, Umberto Eco proponendo una sua lista delle liste, ha dato conto di una tradizione illustre, con esempi tratti da arte e letteratura e ha classificato un buon numero di topoi utili a distinguere gli svariati approcci alla descrizione enumerativa adottati da scrittori e artisti, dalla rappresentazione dello scudo di Achille, presente nel diciottesimo canto dell’Iliade, alla classificazione degli animali stilata da Jorge Louis Borges per la voce di un’inesistente enciclopedia cinese.[i] Da questo impianto, al quale rimandiamo per gustosi approfondimenti, trarremo spunto per verificare come anche la contemporanea letteratura per l’infanzia non si sia sottratta al gusto perverso per la lista.[ii] Nonostante Georges Perec — forse il più audace tra i narratori “inventariatori” del secolo scorso — lamentasse in un saggio degli anni ‘80[iii] l’abbandono da parte della scrittura contemporanea dell’arte di enumerare, dopo le vette raggiunte in questo campo da autori come Rabelais e Verne. Ma, proprio in quegli anni, il romanzo postmoderno affermava la sua cifra stilistica nell’enciclopedismo come metodo di conoscenza, sviluppando in un’infinita serie di dettagli descrittivi, divagazioni, accumulazioni, la fitta “rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo”[iv] che Italo Calvino, sotto la definizione di “multidimensionalità”, ha trattato in una delle sue più affascinanti Lezioni.
Così, nel mondo fantastico e stralunato delle rime, filastrocche e tiritere sono il terreno ideale per la crescita del gusto infantile all’esercizio di un periodare creativo, trasportato da ritmi e sonorità che iterazione, combinazione, variazione e permutazione delle parole rendono affascinante ed eversivo rispetto a una grammatica che non sia fermamente orientata allo sviluppo dell’immaginazione.[v] Maestro in questo campo Gianni Rodari: nello sciorinare l’ordine de “La dinastia dei Poltroni”[vi] e le successioni al trono nella “Storia del regno di Mangionia[vii]; nel giocare a “Inventare i numeri”[viii] e le tabelline; nell’approntare con le cose e gli oggetti più disparati eccentrici menù come quello di “Cucina spaziale”.[ix]
Sessanta illustratori, invitati a contribuire alla costruzione del Libro delle cose reali e fantastiche,[x] rinnovano il piacere per la catalogazione, perché “i bambini adorano fare gli elenchi delle cose che amano”. Da Fiori a Caramelle e dolcetti, in barba al pedagogico Ordine Alfabetico, che non tollererebbe bambini ordinatori caotici, l’albo-catalogo sottopone un mondo variopinto di cose (oggetti, animali, piante…) alla molteplicità dell’interpretazione iconografica e alla sfida relazionante del lettore. E non siamo di fronte che a un minuscolo spaccato di quell’universo di oggetti che, affollando le nostre case, ci costringe, ogni tanto, a riflettere sui concetti di caos e ordine; come fa Alfredo Quasitutto[xi] sperimentando criteri di classificazione e ordinamento che potrebbero trovare consenso entusiastico tra i cultori degli elenchi poco conclusionati.[xii]
Sfogliando la ricca tipologia di opere a cui questi albi appartengono si ha la sensazione di accedere a delle delicate Wunderkammern, capaci di dare senso, forma e nuove prospettive anche a oggetti di uso comune. Ne è prova Kubbe,[xiii] che raccoglie ogni sorta di oggetto nel corso delle sue passeggiate del martedì e al ritorno ordina, cataloga, etichetta cercando di conservare i materiali in scatole e scaffali che saranno presto insufficienti a contenerli. Allora, su consiglio della nonna, costruisce in casa il suo museo che chiunque potrà visitare. È solo l’inizio di un percorso tra cose destinate a vivere molte vite (e gli oggetti spesso lo fanno): finire fotografate e documentate in un catalogo quando Kubbe si sarà stancato degli oneri museali, prendere la via del bosco o del riciclo o diventare opere di un’arte povera fatta di vecchie parti rotte composte in forme strane e accattivanti. Questi oggetti, nella loro semplicità, non sfigurerebbero nella collezione di quel Museo dell’innocenza allestito a Istanbul da Orahm Pamuk — insieme operazione di recupero della memoria individuale e collettiva e spaccato della vita borghese della città negli ultimi 30 anni del secolo scorso — attraverso la raccolta di cose che hanno riempito la storia d’amore raccontata nel romanzo e affollato le numerose teche del museo.[xiv]
E allora, perché non guardare all’isola-museo per eccellenza, al longevo palcoscenico di tante robinsonate — canonizzata da Defoe nel ‘700 come catalogo di oggetti e relazioni sociali del nascente sistema: austero, classista e proto-capitalista — giunto fino ai tempi nostri per godere di altre due indimenticabili interpretazioni. Da un lato le illustrazioni di Tullio Pericoli per un edizione dell’opera realizzata per Olivetti nel 1984,[xv] che interpretano per la prima volta attraverso l’uso del criterio di ordinamento e del punto di vista catalografico, tutta l’autenticità e la praticità di una visione del mondo scientista e mercantilista; memorabili i “Ritratti”, vere e proprie tavole di classificazione del nuovo sistema di legami esistenti tra Robinson, le piante, gli attrezzi, gli animali… Dall’altro lato il ribaltamento del topos, messo in scena da Michel Tournier in Venerdì,[xvi] con la distruzione dell’ordine borghese robinsoniano (e di tutti i suoi protocolli di comportamento, strutture e sistemi) da parte del selvaggio per inaugurare un nuovo paradigma, disordinato e felice (e pure efficiente!).
Quanto, infine, cataloghi e liste contribuiscano alla buona salute della nostra narrativa è testimoniato da un recente romanzo di Davide Morosinotto: qui un corposo catalogo di vendita per corrispondenza dei primi anni del ‘900 scatena e sostiene un’avventura che porterà quattro giovani amici dal delta del Mississippi a Chicago, alla conquista del più inestimabile dei tesori, la milionaria proprietà in azioni del catalogo stesso. [xvii]
D’altronde, i super compulsati cataloghi di Ikea e Amazon non sono forse diventati le espressioni più solide della Weltanschauung dei nostri tempi?
[i]. U. Eco. Vertigine della lista, Milano, Bompiani, 2009.
[ii]. Si veda l’ampio e accurato panorama di interventi sul tema presente nel blog Libricalzelunghe.it: https://libricalzelunghe.it/category/temi/la-vertigine-della-lista/page/2/.
[iii]. G. Perec. Pensare/Classificare, Milano, Rizzoli, 1989.
[iv]. I. Calvino. Lezioni americane: sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Mondadori, 1993, p. 111-135.
[v]. L’uso creativo delle parole che compongono le liste della spesa rende molto godibile l’albo di D. Ziliotto; F. Negrin. La servetta, Modena, Franco Cosimo Panini, 2007.
[vi]. G. Rodari. “Filastrocche in cielo e in terra”, in I libri della fantasia, San Dorligo della Valle, 2009, p. 73.
[vii]. Id. “Favole al telefono”, in I libri della fantasia, cit., p. 187.
[viii]. Id. “Favole al telefono”, in I libri della fantasia, cit., p. 174-175.
[ix]. Id. “Favole al telefono”, in I libri della fantasia, cit., p. 260-261.
[x]. J. Bauer; K. Spitzer (curatrici). Il libro delle cose reali e fantastiche, Roma, Lapis, 2016.
[xi]. J. & T. Nichols. Alfredo Quasitutto, Milano, Il Castoro, 2015.
[xii]. Come lo sono, ad esempio, i titoli delle sezioni della biblioteca dello zio Tito in: J. Villoro. Il libro selvaggio, Milano, Salani, 2010, p. 37.
[xiii]. A.K. Johnsen. Kubbe fa un museo, Milano, Mondadori Electa, 2013.
[xiv]. O. Pamuk. Il Museo dell’innocenza, Torino, Einaudi, 2009.
[xv]. Le tavole di Tullio Pericoli sono recuperabili nel catalogo: P. Temeroli (curatore). Robinson: personaggio e immagini da Picart a Pericoli, Milano, Electa, 1991.
[xvi]. M. Tournier. Venerdì o la vita selvaggia, Milano, Salani, 2010.
[xvii]. D. Morosinotto. Il rinomato catalogo Walker & Dawn, Milano, Mondadori, 2016.