Intervista di Riccardo Pontegobbi a Renata Gambino e Grazia Pulvirenti
Il saggio Storie Menti Mondi raccoglie il frutto di un lavoro di tessitura tra discipline, sempre più dialoganti, come neuroscienze, estetica e filosofia, studi cognitivi e fisiologia, letteratura e biologia, oltre che di un impegno di ricerca sul campo condotto con la creazione di un network internazionale che annovera i massimi studiosi nel Centro di ricerca interdipartimentale “NewHums-Neurocognitive and HumanitiesStudies”, cui collaborano docenti e studenti dell’Università di Catania nell’ambito della ricerca neuroumanistica e una piattaforma d’incontro con un database www.neurohumanitiestudies.eu. Occorre ricordare che i filoni di lavoro in ambito di fenomenologia della lettura, nati dalle scoperte neuroscientifiche, sono oggi in fase di espansione e articolazione, e non sono più solo studiosi del calibro di Maryanne Wolf e Stanislas Dehaene, che nell’ultimo decennio hanno polarizzato l’attenzione del pubblico e dei lettori, a rappresentare i versanti più avanzati della ricerca. La novità dell’approccio critico proposto dalle due autrici sta nel non parcellizzare nelle sue componenti il testo letterario, ma nell’indagarlo nella sua complessità di dispositivo di conoscenza e di costruzione di senso, privilegiando l’insieme delle relazioni che si determinano nel complesso meccanismo che si instaura tra autore, dispositivo testuale e mente del lettore, via maestra questa per accedere ai mondi finzionali dell’arte e della letteratura, nonché a una comprensione più avanzata dell’esperienza di lettura.
D. Il termine neuroermeneutica, di nuovo conio, mette in relazione due mondi apparentemente distanti, quello delle recenti scoperte neuroscientifiche e quello della tradizione ermeneutica, avviata in ambito antropologico e filosofico nel Settecento. Come nasce e quali frutti genera questo collegamento?
R. Il collegamento, che abbiamo creato con il conio del termine neuroermeneutica, è meno paradossale di quanto appare a prima vista. Tanto l’ermeneutica, intesa nei termini di Schleiermacher come pratica di interpretazione del pensiero attraverso la parola che lo manifesta, quanto le neuroscienze si occupano dei misteri della mente umana. Schleiermacher considerava il linguaggio come “il modo in cui il pensiero s’invera” e, in generale, la comprensione del discorso verbale come atto di comprensione del pensiero. Le neuroscienze studiano la base neurale dei processi cerebrali, che hanno a che fare con la produzione, elaborazione, articolazione ed espressione del pensiero. Pertanto con questo neologismo non facciamo altro che riportare la riflessione sull’esegesi letteraria ai due poli fra cui si situa: da una parte la sua origine, ovvero i processi mentali di un autore che ha dato vita a una sua particolare visione del mondo, di un complesso di problemi tramite una specifica e irripetibile articolazione formale del linguaggio, caratterizzato da particolari scelte a livello stilistico e retorico, che rispecchiano determinate procedure mentali; dall’altra parte il suo punto d’arrivo, ovvero i processi fisiologici, emozionali, memoriali, in generale cognitivi, che un determinato testo suscita in un lettore.
D. Il vostro approccio critico allo studio della letteratura avvolge, nell’immagine di “circolo neuroermeneutico”, la mente dell’autore, la struttura del linguaggio formalizzato del testo e le componenti immaginative ed emotive del lettore. Come cambia la comprensione dell’atto di lettura in virtù di questo “processo incarnato”?
R. L’immagine del circolo neuroermeneutico intende riportare al centro dell’attenzione l’interazione tra quelle che tradizionalmente si definiscono come tre realtà separate, ovvero mente, corpo e ambiente, ma che costituiscono una unica entità percipiente. Grazie all’attivazione di determinate facoltà mentali radicate nella corporeità il lettore riscostruisce mondi controfattuali o finzionali in modo coerente e utile al fine di poter interagire in modo economico e funzionale con l’ambiente. In questo processo si perfeziona la mappatura del mondo circostante che parte dal confronto con l’unica cosa nota al soggetto percipiente, ovvero la consapevolezza di avere un corpo. Il nostro corpo diventa così la chiave di lettura del mondo e la mappatura dell’ambiente procede su base narrativa e metaforica. Ciò vuol dire che noi leggiamo il mondo trasferendo ciò che sappiamo di noi stessi su ciò che non conosciamo. Le figure retoriche sembrano proprio recare in sé la traccia di queste dinamiche fondamentali attivate nel processo di conoscenza del mondo da parte del corpo/mente. Partendo da questo presupposto il lettore sarà in grado di individuare quale processo linguistico-retorico guidi la simulazione immaginale del testo finzionale e quindi di procedere all’enucleazione di un significato e alla fruizione estetica del testo.
D. Dimensione emotiva ed empatia insiti nell’atto di lettura, attraverso quello che definite “processo di simulazione incarnata”, sono una porta di accesso privilegiata al mondo finzionale della letteratura. Ma non sono elementi fondamentali anche e soprattutto nell’esperienza del giovane lettore?
R. Con “simulazione incarnata” s’intende, secondo la teoria del neuroscienziato Vittorio Gallese e altri, un processo pre-logico e pre-riflessivo comune a tutti gli esseri umani che condividono lo stesso sistema senso-motorio: esso non solo presiede alle azioni compiute nel mondo reale, ma si attiva anche nel momento in cui leggiamo azioni o eventi o accadimenti nel mondo finzionale. Dalla scoperta dei neuroni specchio sappiamo che il nostro sistema senso-motorio si attiva anche quando osserviamo un’azione compiuta da altri, come se la stessimo effettuando in prima persona, ma senza il comando motorio dell’azione ai muscoli. Su tale base si comprende come mai l’apprendimento, sin dai primi mesi di vita, è prevalentemente di carattere mimetico, e come mai riusciamo a comprendere le intenzioni altrui osservando gestualità, mimica facciale, movimenti delle mani. Tutto ciò si ritiene sia alla base della nostra capacità di immedesimarci anche nei personaggi e nelle situazioni del mondo finzionale. Empatizzare e simpatizzare con gli altri non è diverso dall’empatizzare e simpatizzare con Emma Bovary o con Anna Karenina, con il principe Myškin o con Figaro. Nel caso della lettura si instaurerebbe quella che Gallese definisce “simulazione incarnata liberata” che caratterizza i processi simulativi nella lettura, durante la quale manteniamo però sempre la consapevolezza di avere a che fare con una dimensione finzionale. Ora, arriviamo finalmente alla domanda, ovvero ai giovani lettori: anche per loro valgono le stesse dinamiche, probabilmente accentuate da una più vivida immaginazione che conduce il giovane ad abitare il mondo finzionale con un maggiore trasporto emotivo e con una accentuazione della immedesimazione nella dimensione finzionale vissuta in maniera più totalizzante e con minore consapevolezza dell’hic et nunc della dimensione reale in cui avviene l’atto della lettura.
D. La letteratura per l’infanzia contemporanea si caratterizza ancora oggi come un potente meccanismo di creazione di mondi controfattuali e immaginativi; quali effetti questo fenomeno potrà portare nella costruzione dei processi cognitivi ed emotivi dei bambini e dei ragazzi lettori?
R. I mondi controfattuali, immaginari, persino inesistenti — e a volte contravvenenti le regole logiche e consequenziali della dimensione del verosimile — sono la palestra di allenamento cognitivo dell’infanzia. Per imparare elementi e concetti attinenti al mondo reale i bambini, che ancora devono costruire molte connessioni rispondenti al patrimonio esperienziale di un adulto, elaborano i dati in termini immaginari, come in una palestra virtuale. Per questo sin da tempi remoti, la fiaba è stata ritenuta fondamentale nella formazione del bambino per il suo armonico inserimento nella società. Non solo nella fiaba e nella favola si sperimentano possibili variabili e conseguenze di un’azione, ma si rielaborano anche eventi passati in termini immaginativi per creare delle rappresentazioni che possano fornire un’alternativa d’interpretazione e valutazione di eventi valida e positiva. È attraverso la rappresentazione di quello che potrebbe essere, o essere stato, che si sviluppa la capacità di fare previsioni sul futuro. La fiaba suscita molto l’interesse dei neuroscienziati proprio perché determinate qualità formali, come i “Leitmotiv”, le formule ricorrenti, le figure prototipiche hanno una forte valenza come attrattori cognitivi, mentre tutte le elaborazioni immaginarie di realtà controfattuali sollecitano la maturazione della corteccia prefrontale, dove si originano le facoltà di “prevision”, “decision-making”, e, a seguire, l’elaborazione di norme comportamentali e sociali, nonché il senso etico.
D. Se il testo, come voi dite, è un “ambiente” controllato costruito dall’autore per guidare l’atto immaginativo del lettore, quali sono i meccanismi fondamentali che consentono la personalizzazione e la possibilità di un proprio percorso di lettura?
R. Come uno spartito fornisce le istruzioni affinché il musicista costruisca nella sua mente la rappresentazione musicale da eseguire, lasciandolo però libero di imprimere su di essa la propria impronta interpretativa, allo stesso modo un testo letterario guida la nostra facoltà cognitiva e immaginativa nel costruire, seguendo delle istruzioni, un mondo con specifiche caratteristiche. La ricerca del senso operata dal lettore mentre “abita” il testo dipende da molte variabili (conoscenze pregresse, valutazione personale di determinate esperienze, facilità nella lettura, dimestichezza con le forme letterarie, ecc.), ma sostanzialmente si muove seguendo o attivando le stesse dinamiche relazionali che vengono usate nell’interazione con il mondo “reale”. Questo è anche il motivo per cui molti studiosi nell’ambito della psicologia e delle scienze cognitive considerano la lettura una importantissima palestra per migliorare le relazioni interpersonali, un ottimo campo d’indagine del comportamento sociale e un antidoto contro l’ansia esistenziale.
D. I riferimenti ai testi esemplificativi utilizzati in Storie Menti Mondi sono, ovviamente, ripresi dall’area di germanistica su cui si concentrano le vostre specializzazioni. Pensate che ci possano essere proficui spazi e occasioni per intraprendere un percorso di studio anche in ambito di letteratura e lettura dell’infanzia?
R. Nello specifico campo della letteratura per l'infanzia, riteniamo che ancora molto vada fatto. Esistono già alcuni studi empirici, come quelli condotti dal prof. Jacobs della FreieUniversität di Berlino, che ha studiato le reazioni emotive e fisiologiche durante la lettura di alcuni passi tratti dalla serie fantasy di Harry Potter. Lo studio ha coinvolto sia soggetti giovani che adulti e ha dato dei risultati molto interessanti sotto diversi punti di vista. Esistono anche degli studi nell’ambito della narratologia che riguardano in particolare le fiabe, come quelli condotti da Marie-Laure Ryan sulla spazialità nella narrativa fiabesca.
Renata Gambino e Grazia Pulvirenti sono docenti di Letteratura Tedesca presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania, felicemente convertite agli studi neurocognitivi e in particolare al rapporto tra questi e la ricerca umanistica, campi che, negli ultimi anni, hanno registrato vasti approfondimenti e progressi rilevanti in ordine alla conoscenza dei processi di apprendimento, delle pratiche e della fenomenologia della lettura. Sono coautrici del libro: Storie Menti Mondi: approccio neuroermeneutico alla letteratura.