L’anno in cui imparai a raccontare storie
Lauren Wolk; trad. di A. Peroni
Salani, 2018, 278 p.
€ 14,90 Età: da 11 anni
Recensione di Riccardo Pontegobbi
Non c’è un briciolo di lieto fine in questo romanzo, esordio in grande stile alla narrativa per ragazzi di un’affermata scrittrice e poetessa statunitense. C’è, però, una grande lezione di vita, affidata alla testimonianza della dodicenne Annabelle, al suo racconto in prima persona che, tenendo fede alle promesse del Prologo – denso incipit capace di indirizzare l’opera nella migliore tradizione del romanzo di formazione – ci mostra la necessità di far fronte agli eventi, in questo caso drammatici, con determinazione, attingendo con coraggio alle proprie forze e alle risorse della coscienza.
L’equilibrio della placida Annabelle e quello di Wolf Hollow, sistema di fattorie in cui è ambientata la vicenda e ispirato alla storia familiare dell’autrice nel boscoso ovest della Pennsylvania, è rotto dall’arrivo di Betty, “ragazza dal cuore malvagio”, che imprimerà una svolta violenta e irreversibile alla “vita di prima”, già segnata dagli strascichi della Grande depressione e dalla partecipazione del Paese – è il caldo ottobre del 1943 – alla Seconda guerra mondiale. Betty è bulla alla massima potenza, capace di infliggere dolore e pizzo ai più piccoli, ma anche di rivolgere la sua attenzione agli adulti forte di una non comune abilità a mentire e a manipolare. Ne subirà conseguenze l’intera comunità, percossa soprattutto nei suoi anelli più deboli, i bambini e gli stranieri: la delicata Ruth, colpita da un sasso che le farà perdere un occhio, il contadino Ansel, guardato con sospetto per la sua origine tedesca e soprattutto l’indecifrabile Toby che, “forestiero” e reduce della Grande guerra irrimediabilmente compromesso dai suoi orrori, vive di espedienti e della solidarietà della famiglia di Annabelle in un affumicatoio abbandonato nel bosco. Toby, in particolare, silenzioso e strambo, è il bersaglio perfetto della caccia all’uomo che si scatenerà a seguito del ferimento di Ruth e della successiva scomparsa di Betty; sarà per lui, per dimostrare la sua innocenza che Annabelle inizierà a “raccontare storie”, a tentare, non senza qualche risultato, l’impossibile controllo degli eventi, in obbedienza a un genuino e prorompente senso di giustizia che scuote e coinvolge il lettore.

Testo tratto da: LiBeR n. 120 (ott.-dic. 2018)
Lauren Wolk
Poetessa, artista e scrittrice statunitense. Nata a Baltimora, vive a Cape Cod, nel Massachusetts, con suo marito Richard, compagno di scuola, e i suoi due figli, entrambi musicisti. Nel 1981 si è laureata alla Brown University in letteratura inglese. Dal 2007 al 2021 è stata direttrice del Associate Director at the Cultural Center of Cape Cod in South Yarmouth, dove si è occupata dello sviluppo della comunità e di educazione. Il suo romanzo per ragazzi L’anno in cui imparai a raccontare storie (2018), è in corso di pubblicazione in più di dieci Paesi ed è stato nominato per molti premi. Il Times l’ha definita l’erede di Harper Lee.