Victoria sogna
Timothée de Fombelle; Ill. di Mariachiara di Giorgio; trad. di M. Bastanzetti
Terre di mezzo, 2017, 103 p. (L’acchiappastorie)
€ 12,90 ; Età: da 9 anni
Recensione di Riccardo Pontegobbi
Sollecitato dai ragazzi di “Mare di libri” nel giugno del 2015 a definire la sua scrittura, Timothée de Fombelle non si tira indietro: “Sono desolato per i lettori che amano la semplicità e la trasparenza … io faccio sì che il mio lettore si perda un po’, lo faccio un po’ smarrire, per poi farlo ritrovare.” È questo il metodo che l’autore ha adottato in grande stile in Tobia, e ancor di più in Vango — le sue opere di più ampio respiro — e non si può dire che sia venuto meno ai suoi propositi in Victoria sogna, uscito in Francia nel 2012. Il breve romanzo, infatti, modulato per un po’ come una gustosa commedia degli equivoci, lentamente e inaspettatamente si trasforma in un delicato dramma familiare.
Victoria frequenta le medie, non ha veri amici, solo indifferenti compagni di scuola, abita nel grigiore della profonda provincia francese, ma sogna un’esistenza “piena di avventure, una vita folle, una vita più grande di lei”. Questo desiderio è alimentato da un folto scaffale di libri collocato nella sua cameretta — “l’orizzonte”, come dice lei stessa — e dalla assidua frequentazione della biblioteca. È proprio il titolo di un libro, I tre cheyenne, a farle leggere in una maniera tutta sua i circospetti movimenti del padre e le voci che si rincorrono tra alcuni compagni, a scatenare aspettative di avventure nelle quali interpretare la parte dell’eroina. I sogni stanno finalmente intrufolandosi nella realtà? De Fombelle insiste finemente con Victoria (e con il lettore) su questo eccitante momento di ”esitazione”, che (secondo Todorov) definisce il fantastico, sospendendo abilmente la storia tra reale e irreale. Ma non è la fantasia a irrompere nella realtà; al contrario si scoprirà che i cheyenne si muovono non a Chaise-sur-le-Pont, il tranquillo paesino in cui Victoria vive, ma solo in un libro della biblioteca, che il papà di Victoria non è l’ardito cowboy sulle loro tracce… e che, in fondo, la “vita vera” è dotata di una sua intrinseca bellezza.
Ci fermiamo qui, per lasciare al lettore il gusto di riannodare per conto proprio tutti fili di questo lieve ma intenso racconto, punteggiato da belle illustrazioni, e preziosamente offerto dall’editore nel comparto della produzione rivolta ai preadolescenti, perlopiù occupata da proposte seriali che spesso poco spazio lasciano all’immaginazione della realtà.
Testo tratto da: LiBeR n. 118 (apr.-giu. 2018)
Timothée De Fombelle
Nasce a Parigi nel 1973. Segue spesso il padre architetto nei suoi viaggi in Africa. Le estati della sua infanzia le passa nella campagna francese con i suoi cinque fratelli e sorelle. Già all’età di 17 anni lavora per una compagnia teatrale da lui fondata, che mette in scena pezzi da lui scritti e diretti. Per un periodo insegna letteratura a Parigi e in Vietnam, ma presto si dedica interamente al teatro. Continua a scrivere pezzi teatrali che vengono messi in scena dalla compagnia di attori che comprende la moglie Laetitia, con la quale ha una figlia, Jeanne Elisha. All’età di 18 anni produce un lavoro teatrale, Le Phare, rappresentato in Francia, Canada, Lituania, Polonia e Russia e premiato nel 2002 con il Prix du Souffleur. Per i suoi romanzi di Tobia, tradotti in più di 20 lingue, ha ricevuto una ventina di premi, sia francesi che internazionali. Tra i riconoscimenti, il Prix Saint-Exupery e il Prix Sorcières, entrambi nel 2006. Vango è stato inserito fra migliori libri del 2015 dall’Associazione Americana dei Bibliotecari per Giovani Adulti.